Quando, nel 1991, Rhoda Rappaport,
affrontando alcuni aspetti della riflessione di Antonio Vallisneri, e,
in particolare, la sua attività giornalistica, il suo nazionalismo culturale
e le sue idee geologiche, sottolineò la necessità che gli sforzi si concentrassero
nella stesura della sua bibliografia, colse la centralità della realizzazione
di questa ricerca rispetto alla possibilità di un’evoluzione sistematica
degli studi sull’autore e, nel contempo, le non piccole difficoltà che
avrebbe potuto presentare questa operazione.(1)
A chi si
fosse avvicinato a tale autore senza esserne uno specialista sarebbe infatti
risultato estremamente difficoltoso orientarsi con una qualche sicurezza
fra la molteplicità della sua produzione e dei suoi diversi esiti editoriali
e assolutamente impossibile avere un’idea complessiva anche dei suoi contributi
anonimi, sparsi fondamentalmente su «La Galleria di Minerva» e sul «Giornale
de’ Letterati d’Italia». I percorsi editoriali degli scritti di Vallisneri
sono assai intricati; in alcune occasioni le sue opere sono uscite con
uno pseudonimo o a nome di suoi allievi, in altre in forma completamente
anonima, in altre ancora inserite in opere altrui o con scritti di altri
al proprio interno. Molto spesso gli scritti minori sono stati raggruppati
in volumi, nei quali le opere raccolte sono state dotate di aggiunte o
di osservazioni a loro sostegno di corrispondenti vallisneriani. Alcuni
dei contributi collocati in una raccolta si trovano inseriti anche in
una successiva, insieme a scritti diversi rispetto a quelli con i quali
erano stati precedentemente uniti. Un panorama difficile da cogliere e
da interpretare senza una conoscenza approfondita del personaggio e senza
un’indagine lunga e paziente, che cerchi di ricostruire itinerari così
tortuosi e di individuare scritti anonimi o pubblicati sotto altro nome,
operando uno sforzo erudito di ricerca e di analisi, ma anche tentando
di comprendere le ragioni di un simile modo di procedere.
Un primo,
evidente motivo che spinse Vallisneri a firmare alcuni suoi contributi
con pseudonimi o con nomi di allievi – ampiamente testimoniato nel suo
Epistolario e che si inserisce nell’importanza che sempre attribuì
all’elaborazione e all’affermazione di una politica culturale in linea
con i principi ispiratori della scienza sperimentale galileiana e della
sua riflessione e pratica scientifica – fu quello di poter condurre battaglie
culturali o, anche, più semplicemente, delle polemiche con una libertà
maggiore rispetto a quella che avrebbe potuto concedersi firmando i propri
interventi, senza il rischio di venir trascinato in situazioni imbarazzanti
o di forte conflittualità.
Un esempio
evidente fu quello dei contributi firmati con lo pseudonimo Ettore della
Valle, che copre però interventi
che successivamente, una volta che ritenne di aver rafforzato la
propria posizione istituzionale e scientifica, non ebbe problemi a rivendicare,
come, del resto, aveva fatto anche precedentemente con alcuni suoi corrispondenti,
mantenendo la copertura solo nei confronti del pubblico indifferenziato
e dei settori scientifici ostili. Già nella lettera a Johann Jakob Scheuchzer
del 6 marzo 1705 Vallisneri comunicava allo svizzero che «Hector ex Valle, qui historiam Acus
Crinalis describit aliosque casus sugillat et subsannat, est nomen
fictum a me, ut libere sensum meum ita personatus exponerem».(2) Poco
dopo invitava Flaminio Corghi a procurarsi «due lettere d’Ettore
della Valle, inserite nella Galleria di Minerva», dove avrebbe potuto
vedere «nella prima staffillati i medici vecchi di Padoa, nella seconda
criticate le osservazioni false fatte sinora dagli autori nelle Therme
Euganee, da me scoperte»,(3) chiarendo poi, nell’estate del 1708, anche
a Lucas Schroeck, che «Hector ex Valle (ut tibi amico mentem aperiam)
ego sum, qui dum critica ferula nonnullos plectere gestio, larvatus incedo».(4)
Un altro
caso è rappresentato dall’attribuzione ad allievi di scritti polemici
a suo sostegno o di operazioni editoriali passibili di attacchi e critiche,
sulla cui effettiva paternità tese a mantenere quel maggiore riserbo che
le caratteristiche strumentali dei contributi o l’opinabilità delle iniziative
potevano suggerire. Esempi efficaci in tal senso possono essere le attribuzioni
a Giovanni Tommaso Brini e ad Agostino Sarasini della Seconda
e della Terza Lettera(5) contro Nicolas Andry, con il quale Vallisneri intrattenne
una polemica ventennale a proposito dell’origine dei vermi intestinali
del corpo umano e delle caratteristiche della tenia o verme lato. A chiarificazione
dell’effettivo autore degli scritti va una lettera di Giovanni Artico
di Porcia del 19 agosto 1718, nella quale si faceva sapere a Vallisneri
di sentirsi «all’ultimo segno obbligato per il grand’onore ch’ella mi
vuol donare indirizzandomi la Lettera
[la Seconda, firmata da Brini],
che ella scrive in sua difesa contra M. Andry, autore che dee l’eternità
del suo nome al suo illustre avversario più che a se stesso».(6) Più tardi,
esprimendo il senso polemico e di sostegno alle sue posizione di quegli
scritti, prendeva atto con soddisfazione che era giunta
a Gaston Giuseppe Giorgi la sua «opericciuola De’
Corpi marini etc.» e lo avvertiva che vi avrebbe trovato «in fine
tre Lettere critiche contra
M.r Andry, che non sono affatto insipide, acciocché veggano i buoni francesi,
che gl’italiani non sono stipiti, da giocarci attorno a loro talento»,(7)
ribadendo un concetto analogo a quello che, qualche mese prima, gli aveva
comunicato Scipione Maffei, che, nella lettera del 30 agosto 1721, gli
aveva scritto di aver ricevuto i «libri da voi gentilmente favoritimi.
Monsieur Andr[y] vi si trova ben servito. Questi Francesi con voi e con
me non ci trovano il loro conto. Non veggo cosa costui possa replicare».(8)
Nella stessa prospettiva si pongono le attribuzioni a Girolamo Gaspari,
che ottennero l’effetto, almeno rispetto alle polemiche che sollevò la
pubblicazione dei consulti medici di Malpighi, di tenere Vallisneri al
riparo, almeno ufficialmente, dalle critiche radicali che vennero mosse
a questa iniziativa dall’ambiente bolognese filo malpighiano. Prima dell’attribuzione
di questa edizione, Vallisneri fece però firmare a Gaspari i Miglioramenti
e correzioni d’alcune Sperienze, ed Osservazioni del Signor Redi,(9)
che il professore patavino segnalò a Bourguet, in una lettera del primo
febbraio 1712, come un contributo che avrebbe dovuto procurarsi ed utilizzare
a suo profitto,(10) mentre Morgagni li indicò, sempre in una lettera,
ma del 5 maggio 1713 a Ippolito Francesco Maria Albertini, come un esempio
del fatto che Vallisneri si serviva «del nome del Gaspari come di mezzano,
e in parte anche per renderli, a suo parere, qualche mercede della soverchia,
ed a tutti rincrescevole parzialità, che questi ha per lui».(11) Come
si è visto Vallisneri utilizzò il «nome del Gaspari» anche per condurre
l’edizione della Marcelli Malpighii Consultationum Medicinalium Centuria prima,(12)
come chiarì a Johann Jakob Scheuchzer in una lettera del 22 dicembre 1712,
nella quale fece sapere che «Sub typis Seminarii gemit nunc prima Centuria
Consultationum Medic[a]rum Malpighii praeceptoris mei suavissimae recordationis,
me collectore, sed inominato. Sub nomine enim mei discipuli eduntur»,(13)
guardandosene però poi bene dal lasciar trapelare il ruolo (quantunque
fosse noto a più d’uno nel suo ambiente di riferimento(14)) che rivestì
nell’iniziativa quando si accorse di averla condotta con troppa disinvoltura
e venne fatta oggetto di un attacco durissimo dall’ambiente filo malpighiano
bolognese raccolto attorno a Ippolito Francesco Maria Albertini.(15)
Riconducibili
essenzialmente alla concezione della ricerca di Vallisneri sono invece,
nella maggior parte dei casi,(16) gli intrecci di collaborazioni, l’abitudine
di comporre libri o articoli a più mani, di ospitare, all’interno delle
proprie opere (e, per converso, di inserire propri scritti in volumi o
saggi altrui), contributi o lettere di altri studiosi o di semplici corrispondenti,
dove si portino elementi sperimentali o teorici a sostegno delle sue tesi
o, anche, si evidenzino eventuali difficoltà delle medesime, che venivano
sciolte da sue risposte stampate immediatamente dopo nelle raccolte che
ospitavano gli scritti. Gli esempi in tal senso sono moltissimi e rappresentano
un indubbio elemento di complicazione della bibliografia vallisneriana.
Un primo caso, volendone riferire solo alcuni emblematici fra i tanti
possibili, furono le due brevi ma significative lettere(17) pubblicate
nel 1694 nel volume di Lodovico Testi, impegnato a dimostrare la salubrità
dell’aria di Venezia, nelle quali lo scienziato scandianese sostenne questa
tesi con autonomi e originali argomenti sperimentali. Un esempio – però,
anche qui, fra i tanti – di opera vallisneriana organizzata nella forma
di raccolta di contributi suoi e di suoi corrispondenti, con lo scopo
di illustrare, dibattere criticamente e dimostrare le sue tesi scientifiche
sono le Nuove Osservazioni, ed Esperienze
intorno all’Ovaia scoperta ne’ Vermi tondi dell’Uomo, e de’ Vitelli.(18)
In quest’opera, alla Nuova scoperta dell’Ovaia, e delle uova de’ Vermi tondi de’ Vitelli, e
degli Uomini... di Vallisneri,(19) segue il Polipo viperiforme simile a quello del Capuccino di Pesaro, creduto malamente
una vera vipera uscita de’ Vasi dell’orina, dove è proposta una lettera(20)
di Ubertino Landi a Vallisneri sull’argomento, preceduta da una sua breve
introduzione.(21) Viene quindi la volta della Lettera dell’Illustriss. e Reverendiss. Monsig. Filippo del Torre Vescovo
d’Adria, nella quale con nuove ingegnosissime riflessioni conferma il
mio Sistema, spettante alla Generazione de’ Vermi ordinari del corpo umano,
e in parte cerca di migliorarlo, apportando alcuni dubbi, che si sciolgono
nella seguente mia Lettera,(22) alla quale Vallisneri fa seguire la
sua Risposta alla Lettera dell’Illustriss.
e Reverendiss. Monsig. Filippo del Torre Vescovo d’Adria....(23) Fa
seguito il Mio Sistema de’ Vermi
ordinari del corpo umano confermato da Francesi, come varie mie Sperienze,
ed osservazioni replicate, e stabilite per vere da’ medesimi...,(24)
che contiene, oltre ad una lettera di Vallisneri e un’Annotazione,
una lettera di Tommaso Alghisi.(25) Si trovano poi una Lettera dell’Illustriss. Signor Nanio Nani Falaguasta Gentiluomo Padoano,
in cui con evidenza dimostra la nobiltà, e l’utilità dello studio degl’Insetti...,(26)
una Lettera scrittami dal Reverendiss.
Padre D. Antonio Maria Borromeo Consultore de’ Cherici Regolari in Roma.
Nella quale approva il mio nuovo Sistema spettante alla generazione, e
propagazione de’ Vermi ordinari degli uomini, dubitando solamente, come
seguisse la prima generazione nel corpo d’Adamo, e d’Eva nello stato d’innocenza...,(27)
la Risposta alla suddetta Lettera,
nella quale si sciolgono tutte le apportate difficultà, e sempreppiù si
conferma il pubblicato Sistema,(28) la Lettera del Signor Dottor D. Giovanni Basso, nella quale fa con evidenza
vedere, che le ragioni speculative degli Aristotelici intorno a’ nascimenti
spontanei sono vane, ed insussistenti nel loro stesso Sistema,(29)
la Rara istoria d’una Fanciulla
nata senza Cranio, e con un pezzo di Carne in luogo di Cervello, riferitami
dal celebratissimo Sig. Gio. Giacopo Mangeti, coll’occasion della quale
si cerca, se si possa vivere senza Cervello, come hanno creduto molti
poter vivere i Buoi, a’ quali supposero impietrito il medesimo, supplendo
in questi casi la Spinale Midolla...,(30) che contiene scritti di
Jean Jacques Manget,(31) di Vallisneri(32) e di Johann Jakob Scheuchzer.(33)
Un altro esempio ancora può essere individuato nella seconda edizione
della De potu vini calidi Dissertatio...(34) di Giovanni Battista Davini, dove Vallisneri inserì un’articolata
raccolta(35) di scritti suoi, di suoi corrispondenti e di altri medici
che si occuparono della questione, configurando un volume steso a quattro
mani con Davini. Centrale per la stessa elaborazione, illustrazione e
giustificazione filosofica della sua adesione alla teoria preformista
degli inviluppi fu la [Lettera sugli
inviluppi],(36) stesa da Antonio Conti diversi anni prima, che Vallisneri
inserì, in forma anonima, nell’Istoria
della Generazione.
Per comprendere
le ragioni di questo modo di procedere di Vallisneri è necessario, come
si è detto, valutare la sua concezione della ricerca, che, in linea con
la prospettiva baconiana, la vede come un’impresa collettiva, sia perché
solo in questo modo si può pensare di affrontare il compito immane dell’illustrazione
della storia naturale, sia in quanto è dal confronto critico e dal reciproco
perfezionamento che si possono sperare i migliori risultati.
Un testo
chiarificatore della concezione vallisneriana della natura e degli strumenti
che reputa necessari per comprenderla(37) è senz’altro la Lezione Accademica intorno all’ordine della progressione, e della connessione
che hanno insieme tutte le cose create. (38)
In relazione al fine di individuare e descrivere
gli sterminati elementi che compongono e articolano la grande
catena degli esseri, viene evidenziata la vastità dello sforzo che si
sarebbe dovuto affrontare per riconoscere e chiarire quello che, «per
negligenza de’ passati scrittori», mancava ancora all’illustrazione completa
e fedele di tutti «gli anelli della bella catena della natura».(39) Uno
sforzo che doveva essere collettivo e al quale avrebbero dovuto prendere
parte gli studiosi di diverse epoche, dando vita ad una collaborazione
scientifica alla quale i singoli e gli stessi gruppi avrebbero potuto
contribuire in modi parziali e limitati, dove il senso di ogni sforzo
era da trovare nell’apporto di ognuno all’impresa comune dell’investigazione
della natura e del progresso scientifico.
Un’esplicita
dichiarazione di fiducia nella superiorità del modello scientifico impostato
secondo i criteri del confronto critico e della libera collaborazione
fra ricercatori e studiosi, impegnati in un comune sforzo di ricerca della
verità, si ebbe nelle lettere che Vallisneri indirizzò a Matteo Bazzani,
segretario dell’Accademia delle Scienze di Bologna, in occasione della
decisione che aveva preso di dedicare la sua Istoria
del Camaleonte Affricano(40)
a quell’Accademia, come membro della medesima.(41) La regola voleva che,
in questi casi, l’opera venisse esaminata da due censori nominati dall’istituzione,
che dovevano valutarne la compatibilità con i princìpi dell’Accademia,
come poi avvenne anche per l’Istoria del Camaleonte Affricano.(42) Nella lettera del 12 ottobre
1713 Vallisneri, dopo aver ringraziato «delle notizie suggeritemi con
tanto amore e gentilezza, circa l’indirizzare all’Accademia la mia Storia
del Camaleonte Africano», scriveva a Bazzani che:
Veggo
l’ordine, che tengono, di volere, che passi sotto gli occhi de’ censori
dell’Accademia, o del segretario, ogni cosa, che brami uscire, come fatta
da un accademico, e sommamente ciò lodo, essendo cosa usata nelle più
cospicue accademie, ed io non avrò nissuna difficoltà di farlo, terminata
che l’avrò, e ascriverò a mia fortuna che la riveggano, che la correggano
e che riducano i miei abbozzi alla miglior perfezione possibile, giacché
sempre ho in uso di consegnare le cose mie a qualche amico ingenuo, che
le guardi con occhio il più severo del mondo, e mi dica con candore i
suoi sentimenti [...] Intanto farò ogni sforzo d’estendere tutto ciò,
che ora ho intavolato, e compiuto che sarà, mi stimerò fortunato e onorato
il mandarlo sotto la loro purgatissima vista, acciocché lo correggano,
lo ripuliscano e facciano tutto ciò che loro parerà più proprio, per suo
e mio decoro.(43)
Qualche mese più tardi, il 28 dicembre
1713, Vallisneri ritornava sull’argomento con Bazzani, facendo sapere
che, non appena sarebbe riuscito a trovare il tempo per concludere il
volume
Tutto
verrà sotto i loro occhi purgatissimi, e sarà ornato in fronte del gran
nome del nostro comun protettore Sig.r Generale Marsilli, e stimerò fregi
delle mie opere gli scorbi e le correzzioni, che loro faranno come marche
del loro sapere e della loro ingenuità. Anzi in questo proposito mi scrisse
l’altr’ieri il Sig.r Abate Conti, che ora è in Parigi, che il forte maggiore
di quella celebre Accademia si è la libertà, con cui uno corregge l’altro
e si raffina il sapere di tutti, onde non escono alla luce le loro dissertazioni,
se prima non ben bene vagliate e purgate da ogni zizania, per lo che vede
V.S. Ill.ma, essere per far loro Signori una cosa verso di mia persona,
che debbe risultare in mio utile e in mio decoro, onde debbo ringraziargli
quanto so e posso, per lo tedio che sono per prendersi in una così lunga
ed arida leggenda.(44)
Si tratta
di dichiarazioni assolutamente esplicite, che definiscono una concezione
collaborativa dell’impresa scientifica, che richiama con evidenza la prospettiva
baconiana e che era perfettamente in linea con l’organizzazione sociale
della ricerca promossa dalla Royal Society e dall’Académie Royale des
Sciences, le istituzioni di settore all’avanguardia nell’Europa del tempo.
Un punto di vista che stava alla base della riflessione e della pratica
scientifica vallisneriane, assolutamente imprescindibile al fine di comprendere
non solo le sue scelte editoriali, ma le stesse modalità dei rapporti
e delle collaborazioni poste in essere con colleghi, corrispondenti e
allievi. Un modello da tener costantemente presente nel momento di valutare
le sue ricerche e i suoi oggetti di studio, da utilizzare come uno strumento
indispensabile nello sforzo improbo di ricostruire i suoi percorsi editoriali,
i diversi confronti e le collaborazioni, gli scritti e i volumi stesi
a più mani, l’intreccio dei contributi e dei dati osservativi, gli scritti
e le tesi che gli devono essere attribuiti, la responsabilità di interventi
che appaiono sotto altro nome o, persino, rielaborati redazionalmente
da altri, come è il caso di molti contributi apparsi anonimamente sui
periodici eruditi.
Un altro
elemento fondamentale per spiegarsi il modello scientifico e culturale
vallisneriano e, con esso, le modalità e le caratteristiche dei suoi interventi
editoriali, è l’impegno straordinario che profuse sul versante della politica
culturale e della divulgazione
dei suoi punti di vista e delle sue tesi scientifiche. Quando, nel 1728,
Angelo Calogerà, indirizzava la Prefazione(45)
del primo numero della «Raccolta d’Opuscoli scientifici, e filologici»
a Vallisneri, in segno di riconoscimento per quanto il celebre scienziato
aveva fatto e faceva per promuovere la sua iniziativa giornalistica, sottolineando
la generosità e la dedizione con la quale Vallisneri, nell’arco di quasi
trent’anni, si era impegnato a sostenere le imprese giornalistiche erudite
italiane, dava un’immagine realistica dello sforzo straordinario e del
profondo coinvolgimento con i quali lo scandianese aveva collaborato e
animato le pubblicazioni periodiche erudite venete, e non solo, del primo
Settecento,(46) ed esprimeva un ringraziamento personale assolutamente
giustificato.
In
questa guisa anche me finalmente obbligaste ad indirizzarvi la Prefazione
del primo Tomo di questa Raccolta, ed a darvi così, non solo un attestato
della mia stima per la vostra virtù, ma insieme un contrasegno della mia
gratitudine alla somma gentilezza, e cortesia vostra. Voi siete stato
il primo a favorirmi de’ vostri componimenti, in voi ho ritrovato il maggior
promotore del mio disegno, a voi debbo ancora le altrui fatiche, e da
voi riconosco quel coraggio, che per intraprender un’opera tale assolutamente
era necessario, e che senza l’aiuto vostro averei prima d’ora infallibilmente
perduto. Giusto era per tanto ch’io facessi nota al pubblico questa mia
obbligazione, e che quello pure sapesse quanto vi deve.(47)
Tale impegno
parte da «La Galleria di Minerva», dove pubblicò la sua prima opera di
rilievo, i Dialoghi sopra la curiosa
origine di molti Insetti,(48) che furono all’origine della sua chiamata
a Padova nel 1700,(49) e di cui fu sempre un costante collaboratore, sia
fornendo contributi propri, firmati, pseudonimi o anonimi, sia procurando
opere di altri. Trova il momento di sua massima espansione, qualitativa
e quantitativa, nella fondazione del «Giornale de’ Letterati d’Italia»,
nel 1710, con Apostolo Zeno e Scipione Maffei, del quale Vallisneri sarebbe
stato il referente per il settore medico e naturalistico, e nella costante
collaborazione che ad esso fornì, compilando la maggior parte degli estratti
e trasmettendo numerosissime notizie editoriali e bibliografiche per tale
ambito di interessi, sia per il periodo della direzione di Apostolo Zeno,
che per quello in cui gli subentrò il fratello Piercaterino.(50) Passa
attraverso la collaborazione alle «Academiae CaesareoLeopoldinae Naturae
Curiosorum Ephemerides sive Observationum Medico-Physicarum Centuriae»,
giungendo infine al sostegno alle iniziative dei «Supplementi al Giornale
de’ Letterati d’Italia» di Girolamo Lioni, degli «Opuscoli scientifici
e filologici» di Angelo Calogerà, della «Bibliothèque italique ou Histoire
littéraire de l’Italie» di Louis Bourguet(51) e, persino, ai progetti
mai realizzati, come quello del «Giornale degli Scoprimenti» di Antonio
Conti.(52)
La collaborazione
con «La Galleria di Minerva» iniziò sin dal suo primo numero, nel 1696,
mentre Vallisneri era ancora medico della condotta di Luzzara, e continuò
sino al settimo ed ultimo fascicolo della rivista, conclusosi nel 1717,
quando occupava la prima cattedra di Medicina teorica presso l’Università
di Padova, aveva raggiunto una notorietà internazionale ed era nel pieno
dell’impresa del «Giornale de’ Letterati d’Italia». La diversa condizione
istituzionale e la molteplicità degli impegni non produssero mai un affievolimento
dell’interesse per l’iniziativa, quantunque Vallisneri, in linea con un
giudizio largamente condiviso fra gli intellettuali del tempo, giudicasse
malissimo l’editore della rivista, Girolamo Albrizzi, che considerava
un «ignorante e cieco libraio»(53) e che Apostolo Zeno l’avesse esplicitamente
invitato a interrompere ogni rapporto con lui a seguito dei tentativi
che aveva fatto di approfittarsi degli attacchi mossi al «Giornale» dal
gesuita Giovanni Antonio Bernardi e da Giovanni Crisostomo Scarfò.(54)
Al contrario, Vallisneri aveva sfruttato la maggiore notorietà scientifica
ed il peso istituzionale per ottenere maggiore spazi, intensificando progressivamente
la presenza dei contributi propri e degli autori da lui presentati, secondo
un’evidente logica di promozione delle sue tesi scientifiche e del suo
ambiente di riferimento, e non di un impegno di ricerca semplicemente
finalizzato al raggiungimento di un personale status
accademico.
Di questa
collaborazione emergono riscontri significativi nel carteggio, dove vengono
illuminati alcuni aspetti delle caratteristiche, delle forme e dell’entità
della medesima. Sin dalla lettera del 24 novembre 1704 Apostolo Zeno,
dopo aver accusato ricevuta delle «vostre dottissime Lettere da inserirsi
nella Galleria», ricordava al corrispondente che «due delle vostre Lettere,
cioè quella indiritta al Sig. Testi, e l’altra al Sig. Marchesino», erano
state «già stampate nella Galleria colla mia migliore assistenza ch’abbia
potuto prestarvi» e che, nel prossimo fascicolo della rivista, «ci sarà
pure inserita quella, che avete con tanto amore voluta indirizzare al
mio nome, che è nome di un vostro buon servidore ed amico».(55) Qualche
mese dopo, il 28 marzo 1705, Zeno comunicava che il numero della rivista
era completo e che «per conseguenza non vi sono entrati i vostri componimenti.
Nella prima particella, che dovrà uscire, non so se ci avranno luogo,
poiché vi è impegno di inserirvi una delle Scanzie della Biblioteca Volante
del Cinelli».(56) Ancora, nella lettera del 20 aprile 1705, si ha riscontro
degli sforzi compiuti da Vallisneri per procurare acquirenti e lettori
autorevoli alla rivista,(57) mentre, in quella del 24 maggio 1705, Zeno
gli faceva sapere che «circa agli altri vostri componimenti diretti al
suddetto Padre [Giacinto Gimma], ed a mio fratello, farò ogni possibile
perché sieno impressi nella nuova particella della Galleria. Ma voi conoscete
il genio dell’Albrizzi, e bisogna prenderlo a luna».(58) Nella lettera
a Lucas Schroeck, presumibilmente del 7 ottobre 1707, Vallisneri, parlando
dei suoi lavori, ricordava che molti si trovavano pubblicati ne «La Galleria
di Minerva»(59) e in quelle a Johann Jakob Scheuchzer, del 20 luglio 1708
e da datare presumibilmente 1708, a Schroeck, da datare estate 1708, e
a Bourguet del 14 agosto 1710, ribadiva di attraversare un periodo di
intensa attività editoriale e che, «si Minervae Venetae Musaeum in vestras
oras apellit, multa ibi mea hoc anno sparsim edita leges»(60), «in Veneto
huius anni Musaeo multa tum mea, tum meorum amicorum leges»,(61) diversi
suoi contributi, che elencava, «omnia in Venetae Minervae Musaeo leguntur»(62)
e che «La Galleria di Minerva» di quell’anno si sarebbe potuta «prendere,
mentre so che [Girolamo Albrizzi] ha del buono da inserirvi, e mio e d’altri
etc.»,(63) confermando la consistenza della sua collaborazione con il
periodico erudito veneziano. Sempre nelle lettere a Bourguet del 14, 21
e 25 agosto 1710 Vallisneri mostrava, come si è visto, di occuparsi, almeno
in parte, anche di problemi connessi alla vendita e alla circolazione
materiale della rivista, sottolineando che «L’Albrizzi ha qualche ragione
a non voler vendere due sole parti, per non scompagnare un tomo, che costa
di dodici parti, ma non ha mica poi ragione a volere che V.S. Ill.ma compri
per un tomo solo tutti sette i tomi, e se verrò io a Venezia glielo farò
dare»,(64) invitando poi Bourguet, nel caso non avesse ancora «mandato
il fagottino delle Gallerie», a trattenerlo «appresso di sé, che lo piglierò
io»,(65) «fagottino» che comunicava infine di aver ricevuto «in Venezia,
senza soprascritta a me diretta».(66)
Con il «Giornale
de’ Letterati d’Italia» Vallisneri realizzò, insieme ad Apostolo Zeno
e Scipione Maffei prima, Pier Caterino Zeno dopo, un’iniziativa di grande
peso e notorietà, che divenne esemplare del giornalismo erudito del primo
Settecento italiano. A differenza di quanto era accaduto e stava accadendo
per «La Galleria di Minerva» e sarebbe stato per le altre imprese che
avrebbe sostenuto, nel «Giornale» Vallisneri rivestì un ruolo non semplicemente
di collaboratore, ma di promotore e protagonista diretto, per i settori
disciplinari della medicina e delle scienze naturali. Con
il «Giornale», il professore patavino trovò il mezzo privilegiato per realizzare
il suo disegno di egemonia culturale negli ambiti indicati, per diffondere
e imporre le proprie teorie scientifiche e quelle della tradizione sperimentalista
medica galileiana a cui apparteneva, aggiornate alla luce della riflessione
scientifica e filosofica europea contemporanea. Le testimonianze del suo
impegno e della sua intensa e continua partecipazione
alla vita del «Giornale» sono moltissime e continue e non lasciano
dubbi sul ruolo che rivestì in tale iniziativa. La quantità di contributi
anonimi, principalmente nella forma di estratti e di notizie editoriali,
che vi pubblicò è impressionante e costituisce una parte assolutamente
non trascurabile della sua produzione. Una produzione riconosciuta sinora
solo in minima parte, ma la cui individuazione consentirà – pur se nella
forma ancora così provvisoria e incerta che lo stadio attuale delle ricerche
permette –, oltre al compito primario e irrinunciabile di tentare di conoscere
il complesso delle opere e degli scritti, anche pubblicati anonimamente,
dell’autore, di chiarire un aspetto così determinante della sua attività,
gettando inoltre luce su modi, forme e caratteristiche della sua politica
culturale e sui risultati che si prefiggeva e che ottenne.
Nelle lettere
di Scipione Maffei a Vallisneri, dal 1709 al 1721,(67) le vicende del
«Giornale» sono trattate spesso, con particolare attenzione all’organizzazione
della distribuzione e della vendita del periodico, al suo finanziamento
e alle sue prospettive, alle sue finalità e ai suoi contenuti. Si va dall’invito,
il 5 febbraio 1709, ad operare pressioni su Apostolo Zeno «perché le infinite
sue occupazioni non gli tolgano di mente il Giornale, che nel venturo
mese dee comparire»,(68) alla comunicazione, il 17 aprile 1710, da Roma,
che in quella città il «Giornale» aveva avuto un grande successo e che,
se debitamente distribuito, se ne sarebbero potute tranquillamente vendere
più di tremila copie nelle città italiane.(69) Ancora, il 16 gennaio 1713,
Maffei si offre di ridare
ad Apostolo «li 100 ducati, che mi ha già restituiti» purché si mantenga
in vita il «Giornale», dal quale è convinto che, «se continuerà un pezzo»,
verranno anche dei guadagni, che gli avrebbe completamente lasciati,(70)
mentre in quelle del 24 dicembre 1718; 14 febbraio 1719; da datare gennaio
1720 e dell’11 novembre 1721 si discute dei contenuti del periodico, rilevando
che non si era ancora pubblicato «l’elogio del Magliabechi, non del Gravina,
non gli estratti de’ più libri di considerazione!»;(71) di desiderare
«che l’estratto della mia Raccolta fosse nel primo tomo, e lo manderò
io, almeno l’abbozzo fra pochi giorni, se mi sarà possibile»;(72) di non
avere «notizia della nuova scrittura che mi dite del Fantasti» e di ritenere
opportuno che non se ne parli «nel Giornale né in ben né in male; perché
non ne possiamo avere che danno»(73) e di credere a Pier Caterino Zeno,
che gli aveva scritto che non aveva «certamente inteso di ferir me in
quel passo del giornale» e che quindi riteneva opportuno che «non ne parliamo
più, e non gliene scrivete niente».(74)
Il ruolo
da protagonista svolto da Vallisneri nell’iniziativa del «Giornale de’
Letterati d’Italia» e l’entità dei suoi contributi anonimi, attraverso
la stesura di estratti e l’invio di notizie editoriali, poi variamente
rielaborate nell’editing(75)
condotto da Apostolo e Pier Caterino Zeno, appare con notevole evidenza
nelle lettere del primo al professore patavino, che, dal 1709 in avanti,
con particolare riguardo al periodo della sua direzione,(76) sono in misura
non irrilevante dedicate alle vicende del periodico e all’organizzazione
dei suoi numeri.(77) Apostolo Zeno approva l’idea di compilare un «estratto
del libricciuolo del Signore Scarella», ma invita Vallisneri a farlo «breve,
acciò non dicano che il ristretto sia maggiore di tutta l’opera»;(78)
accusa ricevuta della «seconda Lettera del Bellini, che farà un bellissimo
articolo in qualche altro tomo de’ susseguenti»;(79) chiede di procurare
«tutte le informazioni» necessarie alla stesura dell’«elogio» di Guglielmini,
«ch’entrerà nel III tomo del Giornale» e comunica di aver «corretto quella
parola nella Lettera del Bellini, che veramente è assai dotta»;(80) rende
noto di aver «ricevuto i vostri estratti», alcuni dei quali, come «quello
del Nigrisoli» o «la Lettera del Bellini, e l’estratto del libro dello
Scarelli», avrebbe posto «nel quarto tomo», mentre per altri, come per
«quello del Terenzoni per adesso, attesa la sua concorrenza ad una cattedra
di Padova» e per «l’estratto de’ Dialoghi vostri», per evitare discussioni
«con l’Albrizzi», che li aveva pubblicati ne «La Galleria di Minerva»,
avrebbe soprasseduto, come per «l’estratto del libro della Fabra», che
«potrà inserirsi in un altro tomo».(81) Trattando dei plagi e delle falsificazioni
di Giovan Pellegrino Dandi, Zeno crede che sarebbe stato «bene dirne qualche
cosa nel nuovo Giornale, a fine di disingannarne il pubblico», chiede
al suo corrispondente di notare «la cosa in poche righe distesamente,
e in maniera burlevole», accennando «il Giornale preciso antico, dove
è l’estratto del Redi, e ’l luogo altresì preciso dei Fasti, dove è riferita
quella impostura», rendendogli poi noto che «il ristretto dell’opera del
Dr. della Fabra» sarebbe stato posto «nel V Giornale»;(82) dichiara di
aver ricevuto «gli estratti, che saranno buonissimi per inserire nel V
tomo» e prega, «in avvenire, quando lavorate estratti, scriveteli in quinternetti
separatamente, acciocché io possa disporli, ove mi paia più conveniente»;(83)
fa sapere «che come mi è giunta a tempo la novella letteraria di Reggio,
per essere inserita nel Giornale; così è venuta tardi quella di Padova,
speditami a tal effetto» e chiede che sia messa «in ordine la Dissertazione
dell’Alghisi», che per suo conto avrebbe fatto «intagliare la figura mandatami»,
e l’avrebbe fatta «entrare
nel VI tomo»;(84) comunica che «quelle notizie da aggiugnersi alla Vita
di M.r Marsilli si vedrà di fare che sieno inserte in altro tomo del Giornale»;(85)
si augura che «adesso che siete un poco libero dal peso delle lezioni,
m’immagino che farete qualche articolo, e tra gli altri quello del Redi»;(86)
aggiungendo, un paio di settimane dopo, di aver ricevuto «l’estratto dell’opere
del Redi disteso nobilmente da voi, e accompagnato da molte erudite osservazioni,
che vie più l’arricchiscono», e dal momento che «esso lo merita, e perché
l’Ertz ne abbia gusto, lo metterò nel principio del IX tomo», sottolineando
però che se «poteste dare qualche altro articolo, benché di poche pagine,
da inserire nel IX tomo, mi fareste piacere. L’opera dovrebbe esser medica
affatto, non avendone alcuna per esso».(87) Chiede a Vallisneri di ricordarsi
«di fare un articolo dei libretti usciti ultimamente sopra le malattie,
e morti bovine», di dare «all’articolo un titolo generale con quattro
righe, che dieno la storia del male» e di porre poi, «sotto tanti paragrafi
i libri del Michelotti, del Ramazzini, ecc. che sono usciti sinora», ma
di fare anche «che il Sig. Marchese Poleni prevenga la relazione del suo
libro, che si porrà nel X tomo, con la Novella letteraria di esso da inserirsi
nel IX»;(88) ringrazia «delle Novità letterarie», garantisce che «del
libro del Garzoni ristampato si parlerà, finita che sia l’edizione», attende
«una Novella letteraria della storia dell’epidemia de’ buoi, qui stampata,
cioè delle due Lettere del P. Borromeo, e della Dissertazione di Monsig.
Lancisi, e a suo tempo [...] un buon articolo di tutti i libretti usciti
su questo proposito; ma più succinto che potete»;(89) comunica di aver
«ricevuto la Novella del libretto qui stampato del male bovino»;(90) «l’estratto
intorno al mal bovino. È lungo alquanto fuor dall’ordinario; ma la bontà
sua, e la curiosità dell’argomento lo farà parere breve. Anche la relazione
della Salsa di Sassuolo sarà
ricevuta con gradimento», aggiungendo che «avete fatto bene a inserirvi
l’estratto de’ vostri Dialoghi. Subito che abbia avuti i due estratti
de’ Sigg. Poleni e Morgagni, penso di far passare il Giornale sotto l’occhio
de’ revisori, e poi sotto la mano degli stampatori».(91) Annuncia che
«il Giornale X si va stampando a gran fretta. In esso ho fatto in maniera,
che vi sarà stampato l’articolo intorno a’ mali epidemici, che occuperà
una quarta parte del tomo, ma ciò non ostante sarà gradito»;(92) che «nel
tomo XI, già quasi finito di stamparsi, ho posto la notizia in favor del
Corradi, quella dell’Effemeridi Caroline, e anche quella del Nigrisoli.
Le altre, che mi avete mandate, le salvo pel tomo XII, dove sarò scarso
di novità letterarie. Col Giornale XI vi manderò il libro del Ferrari,
perché ne facciate l’estratto, quando non l’abbiate avuto per altra parte.
Vorrei quanto prima l’estratto del libro del Forti, se lo avete finito»
e che sente «con piacere l’avviso della dissertazione del Sig. Ab. Conti»,
che si dovrà unire «con l’estratto del libro del Sig. Nigrisoli».(93)
Fa sapere di essere lieto «che abbiate avuto il XII Giornale, e più, che
vi sia piaciuto. Il XIII andrà fra pochi giorni sotto l’occhio de’ revisori.
Ho destinato il suo luogo alla vostra dissertazione, ed esso sarà un tomo
stupendo, se lo posso stampare
come l’ho fatto»;(94) di conservare «parecchi de’ vostri articoli, che
non sono potuti entrare nel precedente, in cui, per esser cresciuto più
di due fogli degli altri, il P[adre] mio fratello ha dovuto levarne anche
molte Novelle, che saranno buone per l’altro: sicché gli articoli, che
pensate di fare, potete farli con comodo, non essendovene tanta necessità»;(95)
di aver «ricevuto il vostro estratto del libro del Sig. Fantoni, che sarà
posto da me nel venturo Giornale, in cui non so se potrà aver luogo quello
del Sig. Sancassani, per aver molti impegni da soddisfare. In ogni caso
per servirvi lo porrò nell’altro, cioè nel tomo XXII»;(96) e che gli «era
stato opportuno, e però gratissimo l’estratto, che mi avete trasmesso
della vostra curiosissima Storia del Camaleonte Affricano», di cui se
ne sarebbe valso «certamente nel XXIII Giornale, che presto» avrebbe posto
«sotto l’occhio de’ revisori», immaginandosi, inoltre, «che la figura
sarà in mano del Sig. Ertz, al quale non dispiacerà di porla nella stampa
del tomo, mentre ella non gli costa quattrini».(97)
L’impegno
di Vallisneri nell’iniziativa del «Giornale de’ Letterati d’Italia» emerge
naturalmente con evidenza anche nel suo epistolario, dove, a partire dal
1710 in avanti, compare un numero assai rilevante di riferimenti alla
rivista. Con alcuni corrispondenti è svolta una vera e propria attività
redazionale, si assegnano estratti e articoli da stendere, si raccolgono
informazioni e notizie, si segue la produzione editoriale e la sua circolazione,
si trattano la gestione e le prospettive del periodico.(98) Un esempio
particolarmente significativo in tal senso sono le 54 lettere di Vallisneri
a Pier Caterino Zeno,(99) più di metà delle quali contengono riferimenti
al «Giornale» e sono in parte o totalmente dedicate alle sue vicende.
Vallisneri inizia, sin dal periodo della direzione di Apostolo e su sollecitazione
di quest’ultimo, a scrivere a Pier Caterino per dirgli «che raccomandasse
bene al Luciani il fare con diligenza la tavola de’ vermi, e mosche de’
cavalli», che avrebbe dovuto essere «inserita in questo XIIII tomo», sottolineando
che «dopo avere fatto questo discorso ho veduto nel XIII tomo del nostro
Giornale la nuova ristampa dell’Arte
di ben conoscere e distinguere le qualità de’ Cavalli del Signor Marino
Garzoni», per cui desiderava visionarla, al fine di vedere se ci fossero
nuove parti che trattassero – come, però, non crede – «de’ vermi de’ cavalli»
e inserire nella sua dissertazione sull’argomento(100) una dedica al Garzoni
ed un passo che mostrasse la «stima della sua opera (la quale non cito
mai nella mia dissertazione)»;(101) e informando che «vedrà dall’inclusa
copia d’una lettera scrittami dal Padre Scarfò» che questi «viene tutto
pentito a ritrattarsi di quanto ha scritto contra i Giornali», pregandomi
«a far ciò inserire nelle Novelle, con tutto quel di più che vedrà nella
sua lettera», cosa che si suggerisce senz’altro di fare.(102) Incomincia
«a mandare a Vostra Reverenza notizie letterarie, e quanto prima farò
estratti per lo XXX Giornale, del quale ella, per quanto mi disse il nostro
carissimo Signor Apostolo avrà in avvenire la direzione», cosa di cui
si rallegra, perché in questo modo si sarebbe continuato «il nostro Giornale,
per mortificazione degli emoli, e per decoro della nostra Italia», invitandolo
a farsi «animo [...] mio stimatissimo padre, perché io sarò sempre con
lei, e unito ad amici non lascerò mancarle estratti, e notizie» e a provvedere
a far stampare nel t. XXX «la vita del famoso Cestoni», che non s’era
«stampata in questo XXIX» e per la quale aspetta «anche l’epitafio del
suo sepolcro»;(103) fornisce «un estratto fatto con diligenza d’un buon
libro medico», ne promette «altri due, cioè quello del libro di Monsignor
Lancisi De Noxiis paludum effluviis»
e «il seguito della Metalloteca
del Mercati, della quale n’è già un altro estratto nel tomo poco fa
stampato», garantisce che «se il Signor suo fratello non manderà estratti,
vedremo di supplir noi, e intanto quelli poi serviranno per altri tomi
venturi», prende atto «che Vostra Reverenza s’è messa attorno al vero
metodo dell’acqua fredda nelle febbri ec.», ma gli ricorda che «quando
sono libri medici, non perda ella il tempo, e a me li mandi, sì perché
vi aggiungo sovente annotazioni utili, o nuove, sì perché ella può impiegarsi
in estratti di libri d’altra natura, mentre cose mediche non lascerò mai
mancarle».(104) Evidenzia che non «importa circa le Novelle letterarie
il porre con tanto scrupolo la grandezza del libro, e la quantità delle
pagine, come vedrete nell’essere stati riferiti tanti altri, perché si
farà poi, quando si darà l’estratto, essendo questa una semplice generale
notizia»;(105) trasmette «una curiosa novella, che quel buon uomo del
Padre Scarfò basiliano vorrebbe, che inseriste ne’ Giornali», cosa che
però sconsiglia di fare, «perché mi pare una cosa ridicola, che la Madonna
scrivesse una lettera a’ messinesi» e informa che «l’Abate Lioni lavora
per la Vita del Torre, e mi
ha scritto il Signor Apostolo che l’avvisi che avrà tutte le buone notizie
del Signor Abate Fontanini, onde sarà d’uopo, che scriva a Roma»;(106)
immagina che siano giunte «altre mie lettere con novità letterarie»;(107)
incita a non sospendere la pubblicazione della rivista, pur comprendendo
le «ragioni, che adducete, per esservi raffreddato nella stampa del Giornale,
nulladimeno la vostra prudenza e il vostro grande spirito deve superar
tutto», anche perché, «per la perdita sapete ciò, che vi dissi, mentre
il Sig.r Abate Gagliardi, e Sig.r Marchese Poleni, ed altri concorreranno
alle spese della stampa», notificando di avere «varie novità letterarie»,
che avrebbe mandato «con un poco di comodo», visto che «di queste per
il Giornale di questa volta ne sarete pieno».(108) A proposito della diffusione
di lettere a stampa a causa di una polemica medica, suggerisce che «nel
riferire nel Giornale venturo la ristampa del Boherhave, si potrà riferire
l’una e l’altra lettera con qualche dichiarazione e conciliazione delle
parti»;(109) fa presente che Giacinto Gimma aveva creduto a torto di essere
stato «burlato nel Giornale, poiché nella Novella del suo libro avete
detto che è Canonico di Bari,
mentre sono anni che ha rinunziato, perché avete detto, che tratterà anche
d’ottica, e che non v’è scienza, non arte veruna, di cui l’autore non promette
discorrere», quando «dice nulla esservi d’ottica, e non aver mai promesso tanto, come avete detto» e chiede
«che al Mazini faceste qualche distinzione, perché lo merita ed il suo
è un buon libro, e non è nuovo nel nostro Giornale il nome di questo letterato
bresciano, perché stampò anche un libro medico mattematico delle figure
del ferro e una dissertazione intorno al male pestilenziale de’ buoi:
è stato mio scolare e del Guglielmini e fa onore ad entrambi».(110) Chiede
e ottiene che non si faccia menzione dell’«apologia intitolata: Degli
Elogi funerali Ragionamento a’ Letterati della città di Torino etc.,
in Torino etc. che è contra un Padre Ferreri gesuita»;(111) rende noto
che «le costituzioni torinesi del Richa, delle quali ne sono usciti tre
anni, sono state scoperte immaginarie e non sono che bellissimi centoni,
tolti da tutti coloro che hanno scritto di tal materia, cioè una pagina
da uno, mezza dall’altro, tre da un altro, e così discorrendo», si dispiace
che il Ricca «è stato lodato nel Giornale», poiché, «se gli oltramontani
se ne saranno avveduti che sia plagiario, presto rideranno di noi», pertanto
invita, «per l’avvenire, se darà fuora altri libri» ad andare «cauto a
riferirli e a lodargli».(112) Manda «le lettere d’aggiustamento fra» Ricca
e Corte, «che volevano rivedersi le buccie, ma il torinese ha ceduto,
perché aveva torto per tutti i versi», fa sapere di essere «d’accordo
col torinese, che si dia di questo aggiustamento notizia nel Giornale;
poiché così brama anche il Corte, onde nelle Novelle letterarie di Venezia
potrete inserire colla solita disinvoltura anche questa Novella»;(113)
ricorda che «il Sig.r Roncalli vi riverisce, e si raccomanda, che riferiate
il suo libro De aquis brixianis
ec. che già avete ricevuto»;(114) annuncia «ch’è morto il Padre Filippo
Buonanni, e che vorrebbono mandarne elogio da inserir ne’ Giornali, e
gli ho risposto che lo mandino, che spero sarà servito. Intanto potreste
dar nuova della morte, che seguì la mattina, o la sera del Venerdì Santo
d’apoplessia fortissima per quanto ricavo dalla relazione» e che «è morto
pure apoplettico il Sig.r Conte Baldini, il di cui museo è descritto nel
Giornale e, se stimaste bene, si potrebbe dar parte anche di questo gentiluomo,
benemerito delle lettere per le grandi spese che ha fatte in raccogliere
tante cose dall’Indie».(115) Comunica «ch’è morto il Rainis, primaria
cattedra di Legge. Non so se abbia stampato e se sene abbia da fare l’elogio»;(116)
esprime soddisfazione poiché si stampa «la vita del Padre Buonanni»;(117)
trasmette una sua «lettera dissertatoria, che ho fatto di tutto genio,
per veder pure d’illuminare il mondo letterario, acciocché nella storia
naturale più non pianti carote. Un buon medico romano, che ha veduto una
vipera partorire i viperini suoi per bocca, vuole adesso che s’ingravidino
per bocca e che il suo partorir naturale debba esser quello [...] laonde
mi sono preso spasso di fargli vedere i suoi errori con la dovuta modestia»,
raccomandandosi poi di non «perdere questo esemplare» del manoscritto,
«perché nonne ho altro»;(118) manda «due novità letterarie, che mi sono
venute da Ginevra, ma che forse avrete avute ancor voi»;(119) garantisce,
attraverso «una lettera del Sig.r Conte Frigemelica [...] che il Sig.r
Paradisi non ha mai scritto contro la Chiesa, o S. Sede né per Comacchio,
né per altro, onde potrete con tutta sicurezza stampare nel Giornale il
suo manifesto» e rende noto di aver «scritto a Roma, che mi mandino l’elogio
del Pacchioni, poco fa morto, che ben lo merita»;(120) chiede di avvisarlo
«se questa volta finalmente entrerà nel Giornale l’estratto del Gimma,
perché la mia gran donna Clelia me ne fa istanza» e che «è ormai tempo
che mi leviate questo tedio, per cui vi prego e vi scongiuro».(121)
Nel carteggio di Vallisneri, come
si è visto, sono testimoniati anche l’impegno e la collaborazione che
fornì ai «Supplementi al Giornale de’ Letterati d’Italia» di Girolamo
Lioni,(122) agli «Opuscoli scientifici e filologici» di Angelo Calogerà,(123)
alla «Bibliothèque italique ou Histoire littéraire de l’Italie» di Louis
Bourguet,(124) ad ulteriore dimostrazione del peso che diede alle iniziative
periodiche erudite e della necessità di prenderle puntualmente in considerazione,
nel momento di voler definire, nel modo più adeguato possibile, il complesso
dei suoi scritti editi. Scritti che, a differenza di quanto accadde in
parte ne «La Galleria di Minerva» e quasi completamente nel «Giornale
de’ Letterati d’Italia», in queste riviste, come, anche, nelle «Academiae
CaesareoLeopoldinae Naturae Curiosorum Ephemerides sive Observationum
Medico-Physicarum Centuriae», furono, ad eccezione di alcuni di quelli
inseriti nei tre tomi dei «Supplementi», pubblicati in chiaro, e non in
forma anonima o pseudonima, cosa che permette di evitare, in questa sede,
un’illustrazione analitica, quantunque limitata a qualche contesto esemplare,
dei termini, dell’entità e dei modi della sua collaborazione.
Un’altra caratteristica dei percorsi
editoriali vallisneriani e, nel contempo, un ulteriore elemento di complessità
della sua bibliografia, sono le diverse edizioni, ristampe e collocazioni
di molti suoi scritti minori, spesso prima usciti come contributi autonomi
sui periodici eruditi o all’interno di opere di altri autori, quindi riediti
in una raccolta di scritti del professore patavino, non infrequentemente
con integrazioni, aggiunte, nuove considerazioni. Poi nuovamente ristampati
in un’altra raccolta, a volte semplice ristampa della prima, in altri
casi organizzata in modo differente, con l’unione di opere diverse rispetto
a quelle che avevano composto la prima. Di simile caratteristica dell’assemblaggio
delle raccolte di scritti e della difficoltà a individuare e reperire
le prime fonti editoriali di questi si ha un’esplicita testimonianza nella
lettera di Maffei a Vallisneri da datare 1727, nella quale, trattando
della questione della cura e dell’assistenza a Venezia di un’opera di
quest’ultimo,(125) si fa presente che:
Il
P. Zeno dice, che vi scriverà della revisione; ma che la giunta di tutte
quelle opere, che viene appresso, non sa come fare; perché o bisognerebbe
copiarle tutte, il che egli non può fare; o bisognerebbe cavarle dal Giornale,
Galeria etc. e bisogna guastare più corpi di libri, il che l’Hertz non
farà: dice ancora, che bisogna che mandiate il frontispizio, che dee premettersi
a questa raccolta: e in somma che la fatica di raccogliere la facciate
voi, e così quella di unire, e disporre. Io perché non si perda tempo,
fo, che dimattina, l’Hertz mandi il Ms. all’Inquisitore, per liberar a
buon conto, e principiar questo; e frattanto voi rissolverete; e in quello
ch’io posso servirvi commandate: non ho difficoltà niuna a comperare i
libri, dove quell’Operette sono inserite; ma il P. Zeno è occupatissimo,
e dice, che alcun di essi non sa dove trovarlo: e vorrebbe non aver altro
a fare, che puramente rivedere.(126)
Per evidenziare le caratteristiche
dei percorsi editoriali vallisneriani potrebbe non essere inutile seguirne
qualcuno.
Un esempio fra i tanti possibili
potrebbe essere quello del Parto
maraviglioso di Vescicchete con una esatta ricerca, che cosa potessero
essere, fatta in tempo di sua gioventù dal Signor Antonio Vallisnieri...,
uscito la prima volta su «La Galleria di Minerva», 1708, VI, pp. 191-98.
Tale relazione era già stata resa nota precedentemente attraverso una
sintesi proposta da Giuseppe Lanzoni nel Partus
mirabilis Scandiani editus 26 Maii A. 1690, «Miscellanea Curiosa sive
Ephemeridum Medico-Physicarum Germanicarum Academiae Imperialis Leopoldinae
Naturae Curiosorum Decuriae II», 1690, IX, Observatio XXXVIII, pp. 73-76
e in un’altra successiva di Malpighi, pubblicata in Marcelli
Malpighii... Opera posthuma..., Londini, Impensis A. et J. Churchill,
1697, pag.87. Il Parto maraviglioso
fu quindi riedito nella Prima Raccolta
d’Osservationi, e d’Esperienze del Signor Antonio Vallisnieri... Cavata
dalla Galeria di Minerva..., Venezia, Appresso Girolamo Albrizzi,
1710, pp. 148-74; nel – ma in traduzione latina e, per quanto riguarda
lo scambio epistolare fra Vallisneri e Malpighi, in sintesi – Mirus
vesicularum partus, «Academiae Caesareo-Leopoldinae Naturae Curiosorum
Ephemerides sive Observationum Medico-Physicarum Centuria», Centuria III
e IV, 1715, Observatio XXII, pp. 60-69; nella Raccolta
di vari Trattati del Sig. Antonio Vallisnieri... Accresciuti con Annotazioni,
e Giunte..., Venezia, Appresso Gio. Gabbriello Ertz, 1715, pp. 83-136,
dove, però, le pp.83-100 contengono il Parto
maraviglioso e le pp. 101-36 delle Annotazioni
aggiuntive. Nella Raccolta del
1715 il Parto maraviglioso,
oltre ad essere stato integrato con le Annotazioni
aggiuntive, è proposto insieme a scritti in parte uguali e in parte
dissimili da quelli che componevano la Prima
Raccolta del 1710. Il contributo si trova infine inserito, comprensivo
delle Annotazioni, insieme alla
ristampa dell’intera Raccolta del
1715, senza però che sia richiamato il titolo di questa silloge, nelle
Opere fisico-mediche..., Venezia,
Appresso Sebastiano Coleti, 1733, t. II, pp. 32-53.
Un altro caso, però anche qui emblematico
di molti altri, potrebbe essere quello della Lettera
di Ettore della Valle al P. D. Pier-Catterino Zeno C.R.S. nella quale
s’espone un nuovo ritrovamento del Signor Antonio Vallisnieri... col quale
mostra con evidenza la nascita dell’uovo de’ Vermi delle Piante, e come,
e con quale ammirabile ordigno vengano queste depositate nelle medesime,
pubblicato la prima volta ne «La Galleria di Minerva», 1706, V, pp. 255-62
e riedito nella Prima Raccolta
del 1710, pp. 33-54. A questo punto lo scritto non venne più riproposto
nella stessa forma, ma, rielaborato ed ampliato, inserito nelle Osservazioni
intorno alla Mosca de’ Rosai..., che occupa le pp. 1-82 delle Esperienze,
ed Osservazioni intorno all’Origine, Sviluppi, e costumi di vari Insetti...,
Padova, Nella Stamperia del Seminario, appresso Gio. Manfrè, 1713, che
non contiene altri contributi presenti nella Prima
Raccolta del 1710. Nelle Osservazioni
intorno alla Mosca de’ Rosai le pp. 1-33 e 77-82 sono occupate dalla
detta ristesura della Lettera di Ettore della Valle, le pp. 33-39 dalle Riflessioni
intorno la maniera sinora creduta del nascere degl’Insetti e le pp.
40-76 dall’Idea nuova d’una Division generale degl’Insetti. Le Osservazioni
intorno alla Mosca de’ Rosai vennero quindi ripubblicate nelle Esperienze
ed Osservazioni intorno all’Origine, Sviluppi, e Costumi di vari Insetti...,
Padova, Nella Stamperia del Seminario, appresso Gio. Manfrè, 1726 (ristampa
della raccolta del 1713), pp. 1-82, e nella ristampa postuma delle medesime
Esperienze ed Osservazioni,
inserita nelle Opere fisico-mediche...,
cit., t. I, nelle pp. 181-212.
Pure significative sono le vicende
della Conferma del mio Sistema dell’Origine
delle Fontane fatta dall’Illustriss. e dottiss. Sig. Co. Giacomo Riccatti,
che venne inserita da Vallisneri, a sostegno delle sue tesi, nel De’
Corpi marini, che su’ Monti si trovano..., Venezia, Per Domenico Lovisa,
1721, pp. 141-43. La stessa lettera di Riccati ricomparve nella Lezione
Accademica intorno l’Origine delle Fontane... Seconda edizione...,
Venezia, Per Antonio Bortoli, 1726, pp. 354-57 e fu espunta dal De’ Corpi marini, che su’ Monti si trovano... Seconda edizione con nuove
Giunte..., Venezia, Per Domenico Lovisa, 1728 e nella ristampa di
quest’opera inserita nelle Opere
fisico-mediche, t.II, cit., pp. 305-403, venendo invece inserita,
a pag. 103, nella ristampa della Lezione
Accademica intorno l’Origine delle Fontane collocata nelle Opere
fisico-mediche, t.III, cit., pag. 1-117.
Se si riflette sul fatto che i tre
casi illustrati sono esemplificativi del modo generale di procedere dell’autore
per la pubblicazione dei suoi molti contributi minori; che gli spaccati
proposti del suo carteggio sono paradigmatici dello spazio che in esso
viene destinato alle questioni inerenti le iniziative periodiche erudite
e alle non poche indicazioni relative ai suoi contributi non firmati pubblicati
su di esse; che questa produzione anonima rappresenta una parte non trascurabile
del complesso dei suoi scritti; che non infrequentemente, per i motivi
precedentemente chiariti, Vallisneri pubblicò a nome d’altri o con uno
pseudonimo, apparirà subito evidente perché la vulgata della sua opera
furono le Opere fisico-mediche
postume del 1733, che diedero l’illusoria impressione della completezza
e che esentarono i lettori dal difficile compito di ricostruire, caso
per caso, i diversi itinerari editoriali delle sue opere e le attribuzioni
spesso per nulla scontate. Curata dal punto di vista editoriale, l’edizione
postuma del 1733 ripropose le ultime edizioni delle diverse opere, rispettandone
la forma finale che ad esse Vallisneri aveva voluto attribuire.
L’edizione delle Opere fisico-mediche giunse persino a recepire l’ultima volontà dell’autore
proponendo, con un’operazione filologicamente ineccepibile, la rielaborazione
finale inedita di un’opera, come fu il caso dei Dialoghi,(127)
uscita in quella sede con significative differenze e integrazioni rispetto
alle sue precedenti edizioni,(128) e a cui il professore patavino stava
lavorando sin dal 1728-29.(129) Ancora inserì opere del tutto inedite,
ma che l’autore stava preparando per la pubblicazione, come avvenne per
il Saggio alfabetico(130)
e, anche se parzialmente, per i Consulti
medici.(131) Nonostante questo e quanto d’altro vi fu introdotto d’inedito,
come accadde per la Raccolta d’alcune
lettere scientifiche scritte a’ suoi amici, e d’altre miscellanee,(132)
l’edizione del 1733 appare largamente incompleta, poiché non raccoglie
la massa notevole dei contributi anonimi pubblicati sui periodici eruditi
e diversi scritti apparsi a nome d’altri, ma anche alcuni usciti in opere
di altri autori, e, a parte i casi indicati, una semplice operazione editoriale,
ancorché condotta in modo dignitoso. Trattandosi di una semplice ristampa
delle ultime edizioni approvate dall’autore, ma non essa stessa approvata,
in quanto postuma, tra l’altro non esente da piccole modifiche grammaticali
e ortografiche,(133) rappresenta un testimone senz’altro da scartare –
sempre, naturalmente, ad eccezione dei casi indicati e di quant’altro
vi si trova di aggiuntivo rispetto al precedente complesso degli scritti
editi –, nel momento di operare la ricostruzione critica dei testi.
L’immagine fornita dall’edizione
del 1733 realizza inoltre un indebito e inevitabile appiattimento sui
risultati finali della produzione vallisneriana, non dando conto in alcun
modo della complessa stratificazione ed evoluzione di molte di quelle
opere. Un risultato senz’altro accettabile per quella che voleva essere
un’operazione editoriale di riconoscimento e ufficializzazione della statura
scientifica del professore patavino e di valorizzazione della sua produzione,
peraltro perfettamente riuscita, essendone divenuta la vulgata postuma,
ma del tutto pregiudiziale rispetto ad esigenze critiche e storiografiche.
Alla luce di tali istanze si pone al contrario la necessità di una larga
ricognizione e di un’analitica ricostruzione dei percorsi scientifici
ed editoriali vallisneriani, capace, anche per questa via, di dare un
contributo non irrilevante alla comprensione della genesi, dell’evoluzione
e della stratificazione dei suoi testi e, con essi, del suo pensiero e
della sua riflessione. Un’opera, questa, che deve passare attraverso la
ricostruzione di una bibliografia critica dei suoi scritti, che, concepita
in questa prospettiva, rappresenta un’operazione squisitamente storiografica
e uno strumento preliminare al lavoro di edizione critica dei suoi testi.
[1]
R. Rappaport, Italy and Europe: the case of Antonio Vallisneri (1661-1730), «History
of Science», 1991, XXIX, pag. 76: «Any critical edition of a Vallisneri
text must include, as I have suggested, consideration of periodical articles.
Here one encounters the problem of anonymity, so common in journals of
the period. Dario Generali’s research in the correspondence has revealed
at least one pseudonym used by Vallisneri (“Ettore della Valle”) and has
also shown – this is not surprising – Vallisneri to be the author of an
anonymous article advocating the use by Italian scholars of the Italian
language. Perhaps the correspondence will also confirm my own impression
that Vallisneri wrote a number of book reviews, unsigned, for La
Galleria di Minerva – a subject to which I shall return later. More
generally, to establish a Vallisneri bibliography must also involve analysis
of his editorial role in the Giornale
de’ letterati d’Italia (Venice, 1710-40), of which he was one of the
founders [...] As a founder and editor of the Giornale,
Vallisneri assumed responsibility for the choice of books to be reviewed
in such large areas as medicine, botany, anatomy, natural history, and
“philosophy” [...] Further study of this periodical should eventually
reveal whether any reviews in the Giornale
ought to be included in a bibliography of Vallisneri’s works. In short,
even to establish a Vallisneri bibliography entails formidable difficulties,
and yet such a bibliography is exactly what historians need if they are
to sheld their dependence on the Opere
[edizione postuma del 1733] and to study Vallisneri and his era in a scholarly
fashion».
2 A. Vallisneri, Epistolario (1679-1710), a cura di Dario Generali, Milano, Franco
Angeli, vol. I, 1991 (d’ora in avanti Epistolario,
I), lett. 112, pag. 306.
3 Lettera di Vallisneri a [Flaminio
Corghi] del 24 giugno 1705, Epistolario,
I, lett. 117, pag. 321.
4 Epistolario,
I, lett. 171, pag. 439.
5
[A. Vallisneri], Seconda Lettera
del Signor Dottor Gio. Tommaso Brini, medico e fisico, in cui candidamente
espone i motivi, pe’ quali ’l Sig. Andry ha con discapito della sua illustre
Nazione maltrattato ne’ suoi Giornali di Parigi ’l nostro Sig. Vallisneri,
il Sig. Clerico, il Sig. Hecquet, Sig. Eistero, ed altri Valentuomini
del nostro Secolo, mostrando in un tempo stesso molti errori del dotto
Francese, e il correttor correggendo. All’Illustriss. Signor Giovanni
Artico Conte di Porzia, ec. e [Id.],
Terza Lettera del Signor Dottor Agostino Sarasini medico fisico, nella
quale fa vedere colla disamina d’un solo Articolo, e delle nuove Tavole,
quanto proffitto ha fatto il Sig. Andry dopo la lettura dell’Opera del
Sig. Vallisneri, avendo corretto in quest’ultima ristampa un’incredibile
quantità d’errori, non mai nelle altre stampe corretti, quantunque non
l’abbia mai citato, onde di nuovo altri se ne dimostrano, e nuove correzioni
s’aspettano. All’Illustriss. Signor Cavalier Gio. Battista Verna...,
in De’ Corpi marini, che su’ Monti
si trovano; della loro Origine; e dello stato del Mondo avanti ’l Diluvio:
Lettere critiche... Con le Annotazioni. Alle quali s’aggiungono tre altre
Lettere critiche contra le Opere del Sig. Andry, francese, e suoi Giornali.
A Sua Eccellenza la Signora Contessa D. Clelia Grillo-Borromea, Venezia,
Lovisa, 1721, pp. 177-204 e 205-50.
6 Biblioteca dell’Accademia dei
Concordi, Conc. 350/69, c. 9.
7 Lettera di Vallisneri a Gaston
Giuseppe Giorgi del 31 dicembre 1721, conservata alla Biblioteca Nazionale
Centrale di Firenze, Magl. VIII-1355 (Cl. VIII-1355), c. 47.
8 S. Maffei, Epistolario (1700-1755), a cura di Celestino Garibotto, Milano, A.
Giuffrè, 1955, I, lett. 335, pag. 403.
9
[A. Vallisneri], Miglioramenti e
correzioni d’alcune Sperienze, ed Osservazioni del Signor Redi, fatte
dal Signor Antonio Vallisnieri e registrate dal Signor Dottor Girolamo
Gaspari Veronese, in F. Redi, Opere...
Tomo primo..., Venezia, Per Gio. Gabbriello Ertz, 1712, pp. 31-54,
dell’ultima serie di numerazione delle pagine. Attribuzione, questa, non
del tutto scontata, quantunque l’opera sia stata poi inserita nelle Opere fisico-mediche..., Venezia, Appresso Sebastino Coleti, 1733,
t. III, pp.617-22, come appare dall’edizione dei Miglioramenti e correzioni, nell’antologia dedicata agli Scienziati
del Settecento. La letteratura italiana. Storia e testi, vol. 45,
a cura di Maria Luisa Altieri Biagi e Bruno Basile, Milano-Napoli, Riccardo
Ricciardi Editore, 1983, pp. 115-34, ancora a nome di Girolamo Gaspari,
al quale viene inoltre dedicata la Nota
introduttiva, che occupa le pp. 117-19.
10
A. Vallisneri, Epistolario (1711-1713),
a cura di Dario Generali, Milano, Franco Angeli, vol. II, 1998 (d’ora
in avanti Epistolario, II),
lett. 324, pag. 115, dove è scritto: «Farà bene a criticare il Langhio,
perché lo merita. Tutte quelle conchiglie credute vere conchiglie sono
favole. Non sono altro, che giuochi della natura simili alle conchiglie.
Lettere nel secondo tomo delle Opere del S.r Redi stampate costà divinamente
dal S.r Gabrielle Ertz, a p. 86, nelle lettere aggiunte, e troverà ch’anche
il S.r Redi s’ingannò in una cosa simile. Vedrà in margine le nuove osservazioni
dell’Alghisi e mie. Suppongo che ella avrà vedute tutte queste belle Opere,
e in fine del primo tomo i miei Miglioramenti e correzioni fatte alle
Opere del Redi, onde, se non le ha vedute, le vegga subito, e imparerà
molto».
11 G. Atti, Notizie edite ed inedite della vita e delle opere di Marcello Malpighi
e di Lorenzo Bellini raccolte da Gaetano Atti, Bologna, Tipografia
Governativa alla Volpe, 1847, pp. 430-32.
12 M. Malpighi, Marcelli Malpighii Consultationum Medicinalium Centuria prima, quam in
gratiam Clinicorum evulgat Hieronymus Gaspari, Medicus, et Philos. Veronensis...,
Patavii, Ex Typographia Seminarii, Apud Jo. Manfrè, 1713.
13
Epistolario, II, lett. 386,
pag. 252.
14
Come nel caso di Apostolo Zeno, che, in una lettera a Vallisneri del 20
aprile 1711, gli aveva fatto sapere che «Il vostro ms. rendutomi dal Sig.
Patarol è in mano de’ Revisori; e subito sbrigato lo darò allo stampatore,
che credo che sarà il Pavino. I Consulti del Malpighi sono un boccone
che gli fa gola; ma non lo inghiottirà senza la vostra dovuta ricognizione»,
sottolineando poi, in un’altra lettera del 17 aprile 1712, che «È ottimo
il vostro disegno di stampare i cento Consulti del Malpighi; ma se vorrete
allora solamente riferire in una volta tutte le opere di lui, l’articolo
verrà troppo lungo, e verrà anche forse troppo tardo. Sarà bene, che quando
avrete comodo, cominciate a dar relazione di qualche libro stampato dopo
il 1700», in A. Zeno, Lettere...
Seconda edizione..., Venezia, Appresso Francesco Sansoni, 1785, II,
lett. 255 e 286, pp. 121 e 172.
15
Nella lettera a Vincenzo Antonio Pigozzi del primo maggio 1713 – Epistolario, II, lett.412, pp. 301-3 – Vallisneri si impegnò, come
in tutto il carteggio successivo con Albertini, per evitare che si muovessero
pubblicamente delle critiche all’iniziativa, ma utilizzò senza incertezze
lo schermo a propria difesa costituito dall’attribuzione a Gaspari. Dopo
essersi dichiarato «interessatissimo» a sua volta «dell’onore del Malpighi»,
sottolineò che «non bisogna che facciamo alcuno strepito, per non dar
da ridere agli emoli, ma provvedere agli errori scorsi con amore, con
quiete, con prudenza, senza impegnarsi a mordere il buon genio, che ha
avuto il Signor Gaspari per l’utile pubblico. Ho letto anch’io dopo scritto
a V. S. Eccellentissima i Consulti, e vi ho scoperti (oltre i mandati)
altri errori, abbagliamenti, molti de’ quali si veggono evidenti dello
stampatore, come quello del manu
teneatur, quello del Zv. invece di Zs., mentre hanno preso quel S.
per un cinque ecc. Monsignor Lancisi ha sommamente applaudito a tale stampa
[...] Ha lodato il bel cuore del Signor Gaspari, né è andato punto in
collera, mentre si sa per quante mani sieno passati, quanti errori possono
essere scorsi, onde merita un benigno compatimento [...] In Roma pure
si meditava dargli fuora. Il Signor Gaspari ha prevenuto tutti, ma perché
gli fece copiare, come mi ha detto, a uno, che non era di medica professione,
e perché non ha potuto assistere alla stampa, perciò vi sono scorsi tanti
errori. Egli ha un pessimo carattere, onde il copista ha errato in molti
luoghi. Ma questa è fatta, e bisogna che tutti d’accordo, amichevolmente
e con decoro di tutti, pensiamo al rimedio [...] e tutto si può fare senza
lacerare il buon genio del Signor Gaspari, mentre i biasimi d’uno, e d’un
giovanetto, non faranno punto di merito, né al Malpighi, né a chi li promulgasse,
oltre che questo risponderebbe, essendo caldo assai, e si attaccherebbe
una lite fuori di proposito, e si farebbe ridere il mondo con discapito
di ognuno».
16
Un’eccezione in tal senso è probabilmente, almeno in parte, la C. F. Cogrossi,
Nuova Idea del Male contagioso de’
Buoi partecipata dal Sig. Dottor Carlo Francesco Cogrossi Filosofo, e
Medico nella Città di Crema, al Signor Antonio Vallisnieri Pubblico Primario
Professore di Medicina nella Università di Padova, e da questo con nuove
osservazioni, e riflessioni confermata, cavati nuovi Indicanti, e proposti
nuovi rimedi, Milano, Nella Regia Ducal Corte, per Marc’Antonio Pandolfo
Malatesta Stampatore Reg. Cam., 1714, dove la collaborazione con Cogrossi
– stando alla lettera a Bourguet del 20 dicembre 1713, in Epistolario,
II, lett. 472, pag. 429 – sarebbe stata motivata dal desiderio di Vallisneri
di non essere individuato come principale obiettivo polemico da chi avesse
preso posizione contro la tesi dell’origine microbica del contagio bovino,
sostenuta nella pubblicazione: «Ecco il titolo della mia lettera che stampano,
mandatomi appunto oggi. Io l’ho voluto così, per non farmi primo autore
d’una proposizione che darà subito nell’occhio, e voglio caricare dell’onore
un altro, benché nel libro poi troverà che tutto consiste nella mia lettera».
17
A. Vallisneri, Lettera di proposta
del Signor Antonio Valsinieri Medico Fisico Reggiano. Spettante all’Aria
di Venezia e Id., Lettera di
confirmazione del Signor Antonio Valsinieri Medico Fisico da Reggio,
in L. Testi, Disinganni overo Ragioni
fisiche fondate su l’autorità, ed esperienza, che provano l’Aria di Venezia
intieramente salubre, di Lodovico Testi Medico Fisico..., Colonia,
Per Giovanni Wilelmo Schell, 1694, pp. 1-3 e 124-37.
18 A. Vallisneri, Nuove Osservazioni, ed Esperienze intorno all’Ovaia scoperta ne’ Vermi
tondi dell’Uomo, e de’ Vitelli, con varie Lettere spettanti alla Storia
Medica, e Naturale, fatte da Antonio Vallisnieri..., Padova, Nella
Stamperia del Seminario, appresso Gio. Manfrè, 1713.
19 Ivi, pp. 1-30.
20 Ivi, pp. 32-34.
21 Ivi, pp. 31-32.
22 Ivi, pp. 35-50.
23 Ivi, pp. 51-71.
24 Ivi, pp. 72-96.
25 Ivi, pp. 81-91.
26 Ivi, pp. 97-102.
27 Ivi, pp. 103-11.
28 Ivi, pp. 112-29.
29 Ivi, pp. 130-57.
30 Ivi, pp. 158-76.
31 Ivi, pp. 161-65.
32 Ivi, pp. 166-71.
33 Ivi, pp. 172-73.
34
G. B. Davini, De potu vini calidi
Dissertatio auctore Johanne Baptista Davini... Editio secunda. Accessit
Dissertatio Clarissimi Vallisnerii, cui titulus Dell’Uso, e dell’Abuso
delle Bevande, e Bagnature calde, o fredde, Mutinae, Typis Antonii
Capponi Impr. Ep., 1725.
35 A. Vallisneri, Dell’Uso, e dell’Abuso delle Bevande, e Bagnature calde, o fredde di Antonio
Vallisneri Pubblico Primario Professore di Medicina Teorica di Padova,
e Medico di Camera di S. M. Cesarea Cattolica etc. All’Illustriss. Sig.
Marchese Don Diego de Araciel, Modena, Pel Capponi Stampatore Vescovale,
1725, che contiene: Prima lettera di Vallisneri a Don Diego de Araciel
del 13 novembre 1724, pp. 3-121, Seconda
Lettera all’Illustrissimo Signor Marchese Don Diego d’Araciel suddetto
del 19 luglio 1725, pp. 122-76 (che contiene una lettera di Felice
Roseti del 25 febbraio 1725, pp. 125-29; un’Annotazione
di Vallisneri alla lettera di Roseti, pp130-39; N. Cirillo, De
frigidae in Febribus usu, pp. 140-51; annotazioni di Vallisneri alla
dissertazione di Nicola Cirillo, pp. 151-59; due lettere di un cavaliere
di Malta, datate 21 agosto e 24 settembre 1724, pp. 160-62; Annotazione
di Vallisneri alle due lettere, pp. 163-74, lettera di Omobono Pisoni,
datata 21 luglio 1720); All’Illustrissimo
Signor Marchese Don Diego d’Araciel etc., pp. 177-90 (che contiene
una lettera di Nicola Serdana del 2 settembre 1725, pp. 179-87; Annotazioni
di Vallisneri, pp. 188-90); All’Illustrissimo
Sig. Marchese Don Diego d’Araciel etc., pp. 191-96 (che contiene una
lettera di Giovanni Battista Verna del primo settembre 1725, pp. 192-95).
36
A. Conti, [Lettera sugli inviluppi],
in A. Vallisneri, Istoria della
Generazione dell’Uomo, e degli Animali..., Venezia, Appresso Gio.
Gabbriel Hertz, 1721,
pp. 222-47.
37
Su questo si veda anche D. Generali, Teoria
e pratica del collezionismo scientifico in Antonio Vallisneri sr,
«Studi filosofici», 2000, XXIII, pp. 145-64.
38 A. Vallisneri, Lezione Accademica intorno all’ordine della progressione, e della connessione
che hanno insieme tutte le cose create, ec., in Istoria
della Generazione dell’Uomo, e degli Animali..., cit., pp. 421-37.
39 Ivi, pag. 423.
40
A. Vallisneri, Istoria del Camaleonte
Affricano, e di vari Animali d’Italia..., Venezia, Appresso Gio. Gabbriello
Ertz, 1715.
41
Sull’aggregazione di Vallisneri, che venne associato all’Accademia degli
Inquieti prima che questa fosse unita all’Istituto di Bologna e divenisse
Accademia delle Scienze, si vedano i De
Bononiensis Scientiarum et Artium Instituto atque Academia Commentarii,
Bononiae, Ex Typographia Laelii a Vulpe, apud Metropolitanam, I, 1731,
pag. 41.
42
Sull’ultima pagina dell’opera si trova infatti un attestato, siglato dal
segretario Matteo Bazzani, nel quale Antonio Felice Giuseppe (o Agostino
sr?) Fantini e Jacopo Bartolomeo Beccari la dichiaravano conforme alle
leggi e ai regolamenti dell’Accademia: «D. D. Fantinus, et Beccarius praesentis
Operis, quod inscriptum est: Istoria
del Camaleonte Affricano, e di vari altri Animali d’Italia, alla nuova
Illustre Accademia delle Scienze di Bologna: in Bononiensi Scientiarum
Academia Censores electi, idem Academiae legibus, atque institutis conforme
esse retulerunt».
43 Epistolario,
II, lett. 455, pp. 383-84.
44 Ivi, lett. 474, pp. 437-38.
45 A. Calogerà, Prefazione indirizzata in una lettera all’Illustriss. Signor Co. Antonio
Vallisneri PPP nell’Università
di Padova, «Raccolta d’Opuscoli scientifici e filologici», 1728, I,
17 pp. n.n.
46
Ivi, pp. I-II delle 17 n.n.: «Nel tempo, che da me faticavasi per andar
raccogliendo gli opusculi, che formar debbono questa raccolta, ho avuto
per la prima volta, Illustriss. Sig. Cavalliere, l’onor di conoscervi,
e nello stesso tempo la fortuna di esperimentare quanto generoso sia,
e grande l’animo vostro, quando trattisi di favorir qualche impresa, che
alla letteraria Repubblica giovevole possa riescire. Non contento d’aver
con tante, e sì celebri opere illustrato la Storia Naturale, e la scienza
Medica in un modo, che forse nessuno dopo di voi potrà sperare di far
lo stesso con egual pulitezza, decoro, ed erudizione, voleste ancora passar
più oltre. Procuraste per ciò in ogni tempo, in ogni luogo, ed in ogni
occasione di assistere a chiunque pe’ gli studi genio avesse, e talento,
né lasciaste mai di soministrar lumi, o notizie, né di promovere, o consigliar
cose, che all’utilità pubblica, ed all’avanzamento delle scienze fossero
indirizzate. In questa guisa e co’ vostri dottissimi libri, e con quelli
di tant’altri, che a voi in gran parte attribuire si debbono, al vostro
illustre nome acquistato avete la gloria, ed eretto v’avete un monumento».
47 Ivi, pag. III delle 17 n.n.
48
A. Vallisneri, Dialoghi sopra la
curiosa origine di molti Insetti...Primo Dialogo e Id., Secondo Dialogo..., «La Galleria di Minerva», 1696, I, pp. 297-322
e 1700, III, pp. 297-318 e 353-72.
49 Su questo si veda G. A. di
Porcia, Notizie della Vita, e degli
Studi del Kavalier Antonio Vallisneri, a cura di Dario Generali, Bologna,
Pàtron, 1986, pp. 63-64.
50
Sul «Giornale de’ Letterati d’Italia» e su alcuni aspetti della collaborazione
di Vallisneri, si vedano D. Generali, Il
«Giornale de’ letterati d’Italia» e la cultura veneta del primo Settecento,
«Rivista di storia della filosofia», 1984, II, pp.243-81 e Id., Pier
Caterino Zeno e le vicende culturali del «Giornale de’ letterati d’Italia»
attraverso il regesto della sua corrispondenza, in Scienza,
filosofia e religione tra ’600 e ’700 in Italia. Ricerche sui rapporti
tra cultura italiana ed europea, a cura di Maria Vittoria Predaval
Magrini, Milano, Franco Angeli, 1990, pp. 119-202.
51
Su questo e sulla rilevanza dell’influenza esercitata da Vallisneri e
dal modello del «Giornale de’ Letterati d’Italia» sul progetto della «Bibliothèque
italique» si veda F. B. Crucitti Ullrich, La
«Bibliothèque italique». Cultura «italianisante» e giornalismo letterario,
Milano-Napoli, Riccardo Ricciardi Editore, 1974 e, in particolare, le
pp. 56-72.
52
Su questo si veda la lettera di Vallisneri a Louis Bourguet del 27 maggio
1727, conservata alla Bibliothèque de la Ville di Neuchâtel, Ms. 1282,
cc......
53
Lettera di Vallisneri ad Antonio Magliabechi del 10 marzo 1700, Epistolario, I, lett. 68, pag. 203.
54
In una prima lettera del 17 aprile 1712, Apostolo Zeno aveva reso noto
a Vallisneri che «L’Albrizzi ha scritto a Parma, dove è il P. Bernardi,
che il nostro Giornale è per terra, che la sua Galleria è risuscitata,
e simili altre ciancie. Figuratevi, se io me ne son preso spasso. Un amico
di là me ne ha scritto per darmi amichevolmente la baia», aggiungendo,
qualche mese dopo, nella lettera del primo settembre 1712, questa volta
con evidente irritazione, che «Ho letto quella sciocca Giunta al Giornale
fatta dal P. Scarfò, ch’è un pazzo solenne, piena d’inezie, e d’imposture:
lascio stare le maldicenze, che sono il carattere proprio di quel fanatico.
L’Albrizzi ne ha avute diverse copie, e ne fa mostra, e pompa. Dice, che
’l Giornale è per terra, che non può più durare, che tutti vogliono la
sua Galleria (la quale però non si guarda, perché non si vende), e simili
altre sciocchezze. Aggiugne, che voi gli avete scritto una lettera, della
quale fa mostra, dove voi lo incoraggite a seguirne la sua Galleria, e
vi protestate, che non volete più contribuire al Giornale, perché non
volete farvi coglionare da tutti. I più si ridono di tutte queste sue
dicerie, ma qualch’altro gli fa applauso, massimamente i vostri poco ben’affetti.
Ciò vi serva di regola a non carteggiar più con lui, se non di cose indifferenti;
e sarebbe bene, che gli scriveste una lettera, nella quale mostraste,
che ’l Giornale non è mai stato più in credito e in voga, che ora, appunto
perché gli ignoranti ne dicono male. Non si conservano i libri cattivi,
come la sua Galleria, ma i buoni, e migliori ecc. In somma mortificatelo
non poco, e poi su questa materia fate alto silenzio con esso lui», in
A. Zeno, Lettere... Seconda edizione...,
cit., II, lett. 286 e 300, pp. 173 e 196-97.
55
A. Zeno, Lettere..., cit., I,
lett. 119, pag. 297, dove pure si aggiungeva che, «Giusta il vostro desiderio,
mi disse l’Albrizzi che ne aveva fatte tirare a parte alcune copie per
voi; delle quali sarete subito servito, qualunque volta scrivete al Sig.
Testi, perché ne parli all’Albrizzi, col quale al presente io non molto
bene m’intendo».
56 Ivi, lett. 129, pag. 316.
57 Ivi, lett. 132, pag. 322,
dove è scritto: «Con tale occasione si potrà inviare al P. Bacchini la
Galleria. Io vi servirò presso l’Albrizzi, per farlo entrare negli associati,
ma bisogna che mi diciate, se vuol solamente il quinto tomo che or si
lavora, o se tutta l’opera dacché fu incominciata».
58 Ivi, lett. 135, pag. 325.
59 Epistolario,
I, lett. 143, pag. 381.
60 Ivi, lett. 166, pp. 427-28,
del 20 luglio 1708, a Scheuchzer.
61 Ivi, lett. 171, pag. 439,
da datare estate 1708, a Schroeck.
62 Ivi, lett. 174, pp. 446-47,
da datare presumibilmente 1708, a Scheuchzer
63 Ivi, lett. 235, pp. 554, del
14 agosto 1710, a Bourguet.
64 Ibid.
65 Ivi, lett. 237, pag. 556,
del 21 agosto 1710, a Bourguet.
66 Ivi, lett. 238, pag. 557,
del 25 agosto 1710, a Bourguet.
67 S. Maffei, Epistolario (1700-1755), a cura di Celestino Garibotto, Milano, A.
Giuffrè Editore, 1955, vol. I, lett. 30; 36; 38; 77; 81; 112; 144; 220;
222; 223; 228; 241; 249; 273; 340, pp. 41-42; 47-48; 49-50; 97; 104; 138-39;
183; 277-78; 279-80; 281; 286; 298; 307; 332-33; 409.
68 Ivi, lett. 30, pag. 42.
69 Ivi, lett. 38, pp. 49-50:
«Il Giornale ha un applauso infinito; ho più volte scritto che 3000 copie
non basterebbero, se si potesse sparger presto per tutte le città, e lo
replico, e lo confermo; ma passando il tempo, tali opere perdono pregio.
Bisogna pensare al modo di trasmetterlo con prestezza massime a Roma,
dove molte richieste ne vengon fatte. Sollecitate ciò al possibile, e
trovate modo spedito. A che serve l’Hertz, se a ciò non supplisce, e non
ha tali mezzi? Della lite con l’Albrizzi non ho saputo nulla, e ne sarei
volentieri informato. Godo che il Card.le [Giorgio Cornaro] abbia premura
che duri: ma bisogna cercare di farsi valere a qualche cosa questa premura;
se ne facesse stampare un Tometto a sue spese, o desse la carta, o simile,
non sarebbe per lui la rovina di Troia».
70 Ivi, lett. 81, pag. 104.
71 Lettera del 24 dicembre 1718,
ivi, lett. 220, pag. 278.
72 Lettera del 14 febbraio 1719,
ivi, lett. 228, pag. 286.
73 Lettera da datare gennaio
1720, ivi, lett. 273, pag. 333.
74 Lettera dell’11 novembre 1721,
ivi, lett. 340, pag. 409.
75
Opera di uniformazione editoriale evidente alla semplice lettura del periodico,
ma anche espressamente dichiarata da Apostolo Zeno a Vallisneri nella
lettera del 9 dicembre 1709, A. Zeno, Lettere...,
cit., II, lett. 205, pag. 39, dove è scritto: «Vo trascrivendo il Giornale,
di cui ho in pronto tanto che basta per far quasi un secondo tomo; ma
bisognerà ch’io raggiusti ogni cosa con un metodo istesso, che servirà
poi di regola per l’avvenire».
76 Tenuta da Apostolo sino al
t. XXVIII e passata al fratello Pier Caterino, nel 1718, col t. XXIX,
quantunque questo possa considerarsi un numero di transizione, condotto
da entrambi i fratelli. Su questo si veda D. Generali, Il
«Giornale de’ letterati d’Italia» e la cultura veneta del primo Settecento,
cit., pag. 243.
77
Volendo limitarsi al solo periodo della direzione di Apostolo, quantunque
anche le lettere successive contengano continui riferimenti al «Giornale»,
si vedano, nel periodo compreso fra il 1709 e il 1717, in A. Zeno, Lettere..., cit., II, le lettere a Vallisneri
n. 205; 208; 218; 222; 224; 225; 232; 238; 239; 240; 246; 247;
249; 251; 252; 255; 256; 260; 277; 278; 282; 284; 286; 289; 290; 291;
293; 300; 306; 312; 330; 349; 362, pp. 38-39; 43-44; 61-63; 68; 70-71;
72-73; 84; 95-96; 97-98; 98-99; 106-7; 107-8; 110-12; 113-14; 114-15;
120-22; 122-23; 130-31; 155-59; 159-61; 165-67; 168-69; 172-73; 177-78;
178-80; 180-82; 183-84; 196-97; 204-6; 217-18; 248-50; 284-86; 307-8.
78 Lettera del 6 febbraio 1709,
ivi, lett. 208, pag. 43.
79 Lettera del 9 luglio 1710,
ivi, lett. 222, pag. 68.
80 Lettera del 13 luglio 1710,
ivi, lett. 224, pp. 70-71.
81 Lettera del 18 novembre 1710,
ivi, lett. 238, pp. 95-96.
82 Lettera del 2 dicembre 1710,
ivi, lett. 240, pp. 98-99.
83 Lettera del 23 febbraio 1711,
ivi, lett. 249, pag. 112.
84 Lettera del 6 maggio 1711,
ivi, lett. 256, pp. 122-23.
85 Lettera del 4 marzo 1712,
ivi, lett. 278, pag. 159.
86 Lettera del 26 marzo 1712,
ivi, lett. 282, pp. 166-67.
87 Lettera del 10 aprile 1712,
ivi, lett. 284, pag. 168.
88 Lettera del 17 aprile 1712,
ivi, lett. 286, pp. 172-73.
89 Lettera del 10 maggio 1712,
ivi, lett. 290, pag. 179.
90 Lettera del 21 maggio 1712,
ivi, lett. 291, pag. 181.
91 Lettera del 29 giugno 1712,
ivi, lett. 293, pag. 183.
92 Lettera dell’1 settembre 1712,
ivi, lett. 300, pag. 196.
93 Lettera del 26 novembre 1712,
ivi, lett.306, pp. 204-6.
94 Lettera del 25 marzo 1713,
ivi, lett. 312, pag. 217.
95 Lettera del 23 aprile 1714,
ivi, lett. 330, pag. 249.
96 Lettera del 9 maggio 1715,
ivi, lett. 349, pp. 284-85.
97
Lettera
del 9 dicembre 1715, ivi, lett. 362, pag. 307.
98 Su questo si veda Epistolario,
I, pp. 58-59.
99
Conservate
in copia nelle Lettere scritte al
P.D. Piercaterino Zeno C.R.S. da diversi uomini illustri, Biblioteca
Nazionale Marciana di Venezia, Classe X – Cod. LXII (=6708) e regestate
in D. Generali, Pier Caterino Zeno
e le vicende culturali del «Giornale de’ letterati d’Italia» attraverso
il regesto della sua corrispondenza, in Scienza,
filosofia e religione tra ’600 e ’700 in Italia. Ricerche sui rapporti
tra cultura italiana ed europea, a cura di Maria Vittoria Predaval
Magrini, Milano, Angeli, 1990, pp. 196-201.
100
A. Vallisneri, Nuove Osservazioni
Medico Fisiche fatte dal Sig. Antonio Vallisnieri nella Costituzione verminosa,
ed epidemica seguita nelle cavalle, cavalli, e puledri del Mantovano,
e di questo Serenissimo Dominio di Venezia. All’Illustriss. ed Eccellentiss.
Sig. Marino Garzoni Senatore Veneziano, «Giornale de’ letterati d’Italia»,
1713, XIV, art. IV, pp. 73-123.
101
Lettera del 13 luglio 1713, in Epistolario,
II, lett. 425, pp. 333-34.
102 Lettera del 18 luglio 1713,
in ivi, lett. 427, pp. 337-38.
103
Lettera del 9 luglio 1718, in Lettere
scritte al P.D. Piercaterino Zeno C.R.S. da diversi uomini illustri,
cit. cc. 7-8.
104 Lettera del 5 agosto 1718,
in ivi, c. 9.
105 Lettera del 13 ottobre 1718,
in ivi, c. 12.
106 Lettera del 16 novembre 1718,
in ivi, c. 15.
107 Lettera del 14 marzo 1719,
in ivi, cc. 23-24.
108 Lettera dell’11 marzo 1721,
in ivi, c. 56.
109 Lettera dell’11 maggio 1722,
in ivi, c. 71.
110 Lettera del 4 novembre 1723,
in ivi, cc. 93-94.
111 Lettera del 29 novembre 1723,
in ivi, c. 95.
112 Lettera del 5 dicembre 1723,
in ivi, cc. 95-96.
113 Lettera del 25 novembre 1724,
in ivi, c. 110.
114 Lettera del 30 marzo 1725,
in ivi, c. 113.
115 Lettera del 19 aprile 1725,
in ivi, cc. 113-14.
116 Lettera del 30 luglio 1725,
in ivi, c. 116.
117 Lettera del 12 maggio 1726,
in ivi, c. 125.
118 Lettera del 29 settembre
1726, in ivi, cc. 133-34.
119 Lettera del 9 novembre 1726,
in ivi, c. 137.
120 Lettera del 6 dicembre 1726,
in ivi, c. 139.
121 Lettera del 6 luglio 1728,
in ivi, cc. 165-66.
122 Su questo si veda Epistolario,
I, pp. 60-62.
123 Su questo si veda ivi, pp.
62-64.
124
Per questo si veda F. B. Crucitti Ullrich, La
«Bibliothèque italique». Cultura «italianisante» e giornalismo letterario,
cit.
125
Assai probabilmente la Raccolta
di varie Osservazioni, spettanti all’Istoria Medica, e Naturale dal Signor
Antonio Vallisnieri... scritte agli Eruditi, o dagli Eruditi a Lui; con
varie Annotazioni, e Giunte, compilata da Gio. Jacopo Danielli...,
Venezia, Per Domenico Lovisa, 1728.
126 Lettera di Maffei a Vallisneri
da datare 1727, in S. Maffei, Epistolario
(1700-1755), vol. I, cit., lett. 468, pag. 533.
127
Inseriti nel primo tomo delle Opere
fisico-mediche..., cit., pp. 1-88.
128
Su questo si veda D. Generali, Note
sull’epistolario di Antonio Vallisneri (1661-1730), in Scienza e letteratura nella cultura italiana del Settecento, a cura
di Renzo Cremante e Walter Tega, Bologna, Il Mulino, 1984, pp. 505-10.
129 Su questo si veda ivi, pag.
505.
130 Inserito nel terzo tomo delle
Opere fisico-mediche..., cit.,
pp. 364-481.
131 Inserito in ivi, pp. 483-558. Sulla questione si veda D. Generali, Note
sull’epistolario di Antonio Vallisneri (1661-1730), cit., pag. 505
e G. A. di Porcia, Notizie della Vita, e degli Studi del Kavalier Antonio Vallisneri,
cit., pp. 229-30.
132 Inserita nel terzo tomo delle
Opere fisico-mediche..., cit.,
pp. 561-89.
133
A questo proposito si veda, per esempio, fra i diversi testi collazionati,
quello dell’Istoria della Generazione...,
inserito nelle Opere fisico-mediche...,
cit., t. II, pp. 97-304, dove, oltre a trovarsi le dette modifiche, e
non sempre opportune, grammaticali e ortografiche, in alcuni casi manca
l’inserimento delle correzioni indicate nell’Errata
corrige della prima edizione del 1721.
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